TARTUFO | O L’IMPOSTORE
… un clima funereo, di cupa e notturna claustrofobica tregenda carnevalesca… un gran lavoro di regia… una traduzione in versi e rima che dà poco scampo agli attori e assegna all’intero allestimento un rigore e un ritmo da cui trae coerenza e compattezza scenica. Visivamente il Tartufo è un piacere… I grandi personaggi molièriani vivono di una intelligenza e assoluta crudeltà nei confronti delle loro vittime, come di loro stessi. Vittima di se stesso è Tartufo che Micheletti costruisce con controllato e cromatico sapere recitativo, sostenendo il resto della compagnia/famiglia… Ma è tutto Tartufo a vivere di una coerenza registico/estetica che lo rende vedibile, interessante, colto e raffinato.
Nicola Arrigoni, «La Provincia», 29 novembre 2017
Luca Micheletti esaudisce i desideri di chi ama il teatro della versatilità, dalle premesse solide-e-serie ma mai serioso, ottimo e abbondante nella dovizia del particolare e nella cura della messa in scena.
Gian Paolo Laffranchi, «Bresciaoggi», 24 novembre 2017
Uno spettacolo in bianco e nero, con sottofondo di grammofoni e canzoni francesi, ma anche cupamente noir, tra maschere da zombie e furtive mani che sbucano da dietro le quinte. In uno spazio angusto e pieno di ombre, anfratti e nascondigli per origliare, Micheletti ambienta il suo Tartufo tra intimismo e psicanalisi sociale, puntando tutto sui versi alessandrini di suo pugno, con originali e ironici scarti linguistici… Un ricco carnet di spunti registici e di intuizioni interessanti.
Paola Carmignani, «Giornale di Brescia», 2 dicembre 2017