La Serva Padrona

LA SERVA PADRONA

 “Micheletti ci sta abituando a rappresentazioni colte, di rara eleganza e assolutamente godibili; questo dittico è l’ennesima conferma di uno standard a cui è bello abituarsi: la lettura registica non è in conflitto con il testo originale ma si inserisce intelligentemente nel tessuto drammaturgico. Nota di pregio il fatto che entrambe le situazioni vengano mostrate rispettando il filtro della satira sociale e di costume, con una Serva che è tutto un camouflage che più settecentesco non si può e una Trouble che alterna connotati quasi crudi con momenti che sfiorano l’onirico, ma il messaggio è così ben veicolato da aggirare ogni ostacolo temporale senza concederci il lusso di metterci al riparo invocando l’eterno «erano altri tempi».
Notevolissima la capacità di Luca Micheletti ed Elisa Balbo di passare dal barocco all’opera-musical con pesanti influenze jazz: i due vestono rispettivamente i panni di Uberto/Sam e Serpina/Dinah con la medesima naturalezza e disinvoltura, divertenti ma senza indugiare in tratti caricaturali. Di Micheletti è difficile non apprezzare la signorilità nell’interpretare anche un soggetto buffo come Uberto e la capacità di caratterizzare in modo eccellente i propri personaggi con pochi tratti…
In questo singolare dittico tutto è vincente, dall’accostamento dei titoli alle scelte esecutive, passando per un cast tanto essenziale quanto perfetto per le parti.”

Luca Fialdini, “Operaclick”, 4 aprile 2021

“L’intermezzo di Pergolesi si apre in una deliziosa scatola magica, teatrino giocattolo, decorato a I con dettagli di dipinti d’epoca, che si trasforma negli ambienti della dimora di Uberto. Questi è un Pantalone rosso vestito come vuole la tradizione, anche se più giovane e gagliardo del consueto. Serpina è una Colombina dal grembiule a rombi colorati e abito verdino, Vespone (Giorgio Bongiovanni) uno Zanni che borbotta in grammelot. Ma, sorpresa, duecento anni dopo, quando tutto sembra cambiato, l’uomo d’affari Sam è ancora in rosso, la perfetta disperata casalinga Dinah in blusa verde e gonna a rombi variopinti, gli Zanni sono tre: il trio jazz (Melania Maggiore, Manuel Pierattelli, Andrea Porta) che commenta e partecipa all’azione (colleghi, analisti, segretarie…). Forse che le maschere della Commedia dell’arte non sono poi così innocue e lontane? Forse che non indossiamo ancora altre maschere e ripetiamo gli stessi ruoli e gli stessi tipi, non senza sofferenza. Senza sovraccaricare drammaturgie essenziali, Luca Micheletti riesce a dire molto con la sua regia, coadiuvato da Leila Fteita per scene e costumi e Luciano Novelli per le luci.
Anche lui, peraltro, gioca fra i ruoli, ed è interprete sulla scena di Uberto e Sam esattamente come Elisa Balbo (sua moglie nella vita, giusto per aggiungere un ulteriore livelli di sovrapposizione fra realtà e funzioni) è Serpina e Dinah. Entrambi passano con disinvoltura dal travestimento settecentesco a quello novecentesco, dalla maschera della commedia dell’arte a quella della rispettabile middle classe – dopotutto hypokrites in greco sta per attore – da un mondo musicale all’altro, dalle variazioni teatralmente mordenti in Pergolesi (sia dato merito a Balbo di aver così ben animato le sue arie, così come a Micheletti di aver reso il senso del buffo come attore cantante e non come buffone) agli aromi di Musical in Bernstein, drammatico o apparentemente, ostentatamente disimpegnato (e qui pure, le voci indossano il nuovo stile come una seconda pelle).”

Roberta Pedrotti, “L’Ape musicale”, 5 aprile 2021

 

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